Lo spunto parte dall'attualità:
- tra poche ore partirà un nuovo governo sotto la guida di Matteo Renzi (la mia simpatia - nota - è ulteriormente aumentata da quando Renzi ha citato Robert Frost nel suo celebre passaggio sulla "strada che non presi.");
- la ragione profonda della rottura con il passato governo risiede nella necessità di cambiare velocità e di trovare ed implementare "modi e modelli nuovi " per lanciare l'Italia verso un percorso di crescita e "ricchezza" (materiale e, aggiungo, umana, etica, sociale), recuperando slancio e abbandonando approcci conservativi e "sicuri" (almeno per chi oggi ha già acquisito rendite di posizione e gioca in difesa);
- si parla da tempo di un nuovo approccio " del fare" in contrapposizione con un vecchio modo di "fare" più orientato a produrre dichiarazione d'intenti (business plan??) per poi dimenticare tali dichiarazioni nei cassetti senza un percorso di verifica di ciò che ci si aspettava e del perchè invece le cose siano andate diversamente.
Chi si occupa di innovazione, startup, business model e management, troverà - probabilmente - temi e parole molto vicini alle letture dei casi ed alle discussioni che si leggono nei blog di Steve Blank o Eric Ries e il suo Lean Startup movement e Scott D. Anthony:
- modelli nuovi;
- esplorazione vs planning;
- "cercare" piuttosto che pianificare a tavolino.
- slancio e rischio verso conservazione e sfruttamento delle posizioni e dei privilegi acquisiti.
Non è strano, in fondo, quando si parla di innovazione.
In uno dei migliori libri scritti sull'innovazione - How Breakthroughs Happen - scritto da un professore della UC Davis (Andrew Hargadon), ho trovato una frase che - un pò in controtendenza rispetto alla convinzione diffusa - dice:
L'innovazione non è un processo che consiste nel pensare "outside the box" ma piuttosto quello di pensare in "boxes" che altri non hanno visto prima.