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sabato 13 luglio 2013

Quel pizzico di umiltà che aiuta a vincere

Diversi anni fà, Francesco Alberoni pubblicò un articolo sul Corriere della Sera con questo titolo : "quel pizzico di umiltà che aiuta a vincere".

In quel periodo Internet non era ancora stata inventata e non mi era stato possibile conservare il link o postare l'articolo su Twitter, quindi feci quello che si faceva in quel periodo: ritagliai l'articolo e con del nastro adesivo lo fissai sull'armadio della mia camera.

Per anni questa frase mi ha accompagnato. Mi aveva catturato il senso profondo dell'approccio che "i vincitori" devono avere. Sapere che si può essere stati fortunati questa volta, che bisogna far tesoro di ciò che si è imparato che, con umiltà, bisogna guardare con ammirazione chi non ce l'ha fatta e, soprattutto,  con rispetto.



Saltiamo 20 anni ed arriviamo ai giorni nostri. Questa volta le parole me le dà in prestito Gay Hamel nel suo "
I mega amministratori che non sono mai stati impreditori e non hanno mai creato qualcosa da nulla tendono a vedere nel successo la norma, anzichè un fenomeno intrinsecamente raro e fragile.Occorre molta più immaginazione e molto più coraggio per costruire qualcosa che per gestire qualcosa, e forse ancora più impegno per cambiare qualcosa: una considerazione che sfugge molto spesso ai burocrati di carriera. Come figli rispettosi ed educati di genitori ricchi, i dirigenti che si limitano a prendersi cura dell'esistente pensano spesso di meritarsi una ricca eredità, ma non hanno né gli incentivi né le capacità che occorrono per moltiplicare questa fortuna. L'appagamento e le false certezze sono i sottoprodotti inevitabili del successo passato e i nemici implacabili del successo futuro. Arroganza ed autocompiacimento.
Vivere in periodi di crisi non è mai bello ma, certamente, questa crisi ci sta forzando a pensare e ripensare molti degli assunti che abbiamo ereditato dagli ultimi decenni. Riflettendo ad esempio sulla gestione delle aziende, e di quelle italiane in particolare, magari le grandi , quelle che  hanno  i quartier  generali fuori dai nostri confini nazionali ma con significative presenze e fatturati in Italia,  ed immaginando un confronto con i soliti noti giganti d'oltreoceano ( Google; Linkedin; Oracle; Apple; Yahoo; Amazon,..) cosa salta fuori?

Andiamo a guardare la storia di queste aziende e scopriremo che i loro fondatori erano e , magari lo sono ancora, semplici "imprenditori" affamati  e folli per lanciarsi, con umiltà, in avventure dall'esito incerto.

Come ci ricorda Hamel " i mega amministratori che non sono mai stati imprenditori...". Forse dovremmo riflettere del perchè il sistema industriale italiano non riesce ad esprimere aziende come Amazon, Google...e magari ci accorgeremmo che quelle italianie, di successo, sono quelle governate da imprenditori o ex imprenditori. 

Rifuggo da ogni semplificazione e quindi anche da questa: magari ci sono grandi aziende governate da "non imprenditori" o "non ex imprenditori" che crescono ed investono nel futuro con energia ed anche con un pizzico di "sana" follia. 

Ma non sarà il caso di approfondire meglio?